Broccati, stoffe, teli, drappi

Broccati, stoffe, teli, drappi. La casa è arredata in modo semplice, anzi povero, i mobili sono in compensato, di fattura scadente, la cucina durerà forse ancora un paio di anni, il bagno è ridotto all’essenziale: sanitari e doccia; eppure, con pochi accorgimenti ed un gran uso di tessuti, l’aspetto ottenuto è quello di ogni casa musulmana che si rispetti.
Sahar e sua figlia Yasmina stanno giocando praticamente coricate su un tappeto rosso con una decorazione geometrica a rombi quando rientra Massoud dal lavoro. Si alzano per andargli incontro e baciarlo, ma in qualche modo l’atteggiamento dell’uomo le scoraggia dal lasciarsi andare ad eccessive effusioni.
“Tutto bene?”, dice Massoud alla moglie, nella sua lingua natia. Massoud con sua moglie parla in pakistano. Sa che la figlia lo capisce perfettamente, benché in generale non lo parli, ma a Massoud sembra comunque di poter esprimersi con maggiore libertà.
“Certo. E tu?” Anche Sahar si rivolge al marito in urdu, a volte addirittura in arabo.
Alle pareti, vecchie foto del Pakistan, il paese dove l’uomo e la donna sono cresciuti. Poche capanne, il bosco alle spalle, le montagne sullo sfondo.
Poi, come ogni sera, Massoud accende il televisore ed ascolta per un poco le notizie mentre si cambia d’abito ed indossa il caftano, la lunga veste con maniche larghe tipica della sua tradizione.
“Tutto bene l’incontro ?”, accenna Sahar, timidamente.
Massoud quasi non le dà retta e si rivolge invece immediatamente alla figlia, questa volta in un discreto italiano.
“Ma insomma, chi non è vaccinato nella tua scuola?”
Yasmina alza le spalle, come a dire non so, ma Massoud non accetta quella risposta occidentale e rimane immobile a guardarla. Yasmina si decide finalmente ad esprimere quello che pensa.
“Non so papà. Nella nostra classe tutti. In quella di Fatima anche…”
Massoud ollora torna a parlare con la moglie Sahar in urdu.
“Ci stanno mettendo in croce, con questa storia”, dice, poi, dopo una pausa, prosegue. “Ogni giorno la usano come ricatto, ogni giorno serve per costringerci ad ammettere qualcosa, a cedere in qualcosa.”
Ancora una pausa, ancora un momento per pensare a quello che più lo tormenta.
“Ed io non sono ancora riuscito a capire chi non abbia mandato i figli a vaccinare.”
Solo quella parola è detta in italiano e la frase suona molto strana. La moglie lo guarda preoccupata. Da quando è iniziata questa storia non ha più visto il marito sorridere. E sebbene lei sappia che lui ha ragione, che lui è dalla parte del giusto, non riesce a non pensare che l’espressione del suo volto, il suo atteggiamento, i suoi occhi sempre sbarrati, la sua barba lunga, il suo modo di vestire lo stanno rendendo ogni giorno più simile a quegli integralisti che da sempre Massoud biasima. La sua condanne è di non essere mai adeguato: troppo occidentale per l’imam e per gli anziani, troppo pakistano per i suoi colleghi. In mezzo agli occidentali, Massoud critica i costumi disinibiti, il consumismo, il laicismo; fra i suoi connazionali, si scaglia contro il modo con cui ancora vengono trattate le donne, gli eccessivi riferimenti in pubblico al Corano, l’incapacità di dare ascolto alle autorità della città che, nel bene e nel male, li sta ospitando. È sempre dalla parte sbagliata, ovunque si trovi, qualunque sia la discussione.
Da quando poi frequenta il centro islamico di Vicolo del Moro, punto di riferimento per l’assessore alle politiche sociali, le cose sono andate peggiorando.
Il televisore, un vecchio apparecchio di quelli con ancora il tubo catodico, è sintonizzato come ogni venerdì su Rete Brescia, e come ogni venerdì stanno trasmettendo il programma di Alì Assad Al Magrebi. Sermoni, dibattiti, reportage dal mondo islamico, una intera trasmissione per descrivere come vivono i musulmani che vivono in Europa. Alì Assad è un mito per Massoud, non perderebbe una puntata del suo programma, anche se spesso nemmeno ascolta quello che dicono.
“Secondo me è tutta una montatura. Li hanno battezz… vaccinati tutti, i bambini, stanno solo cercando di piantare…” Massoud non ha fatto in tempo a mordersi la lingua. Chissà perché gli è venuta alla bocca proprio quella parola italiana.
“Cos’è che stavi dicendo? Stavi per dire battezzati, vero? Com’è che ti è venuto da dire proprio quella parola?” È raro che Sahar prenda una posizione così netta, ma non è la prima volta.
“È stato un lapsus…” dice Massoud usando un’espressione latina in mezzo ad una frase in urdu.
“Sai cosa dicono gli occidentali dei lapsus… hai confuso battezzare e vaccinare, non confondere integrazione con integralismo… sai che per me la prima è l’unica via, mentre il secondo è un vicolo cieco…” Chiude improvvisamente la discussione, voltandosi, Sahar.
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