Per il suo secondo appuntamento

Per il suo secondo appuntamento con Selina, Khaled avrebbe voluto proporre un posto davvero speciale, magari un agriturismo in campagna, magari una qualche discoteca sul lago, ma dovendo per forza arrivarci a piedi o con i mezzi pubblici, alla fine ha optato per un locale in città, un posto con un nome tipo Futuribile, o Futurista, più o meno dalle parti di Santa Giulia. Dopo averlo proposto, si è subito palesato che Selina lo conosceva già, per cui niente effetto a sorpresa, ma siccome a quanto pare lei ne era entusiasta, Khaled ha fatto bella figura lo stesso, dimostrando buon gusto.
Il locale è effettivamente unico nel suo genere: senza tavolini, con delle sedie munite solo delle gambe dietro, sulle quali rimanere scomodamente in bilico, una sala piena di altalene appese al soffitto ed un sotterraneo completamente nero, invaso da una musica assordante, illuminato con le luci di wood, quelle viola che mettono in risalto solo i denti, l’iride e gli indumenti bianchi.
Il posto questa sera è affollato da avventori e da semplici curiosi, c’è un via vai continuo fra le sale: i clienti sono per lo più belle ragazze con tacchi altissimi, gonne corte e camicette scollate sul davanti o sulla schiena e trentenni rasati o con lunghi capelli ingellati all’indietro, con occhiali dalle montature spesse e scarpe sportive usate al massimo due volte. Dicono che Brescia abbia una delle movide più interessanti del nord Italia, i bresciani.
Khaled e Selina sono seduti su due altalene, nella sala più tranquilla, quella degli innamorati.
“Hai visto come mi ha guardato quando ho chiesto una Fanta?”, dice Khaled mentre il cameriere si allontana, stizzito.
“Davvero…! Sarà la prima volta che gli capita di servire un analcolico, da queste parti… Comunque avrà pensato che sei musulmano…”
“Perché dovrebbe…? Non ho mica il barbone…”
“Beh, in fondo sei arabo, no…?”
“Io…? Io no! Io sono italiano…”
“Beh, ho capito! Ma sei comunque di origine araba… africana…”
“Ecco, già meglio. Ma comunque lui cosa ne sa…? Il cameriere dico…”
“Khaled… si vede… sei nero…!”, dice Selina esitando per paura di offendere, usando quella parola.
“Io… nero? Non mi pare!”, dice ridendo Khaled, guardandosi i palmi chiari delle mani.
“Che stupido!”, esclama rasserenata Selina. “A proposito, dimmi qualcosa nella tua lingua… sono curiosa!”
No davvero, non so niente…
“Come non sai niente… ma dove sei nato?”
“In Tunisia… te l’ho già detto…, ma ho dimenticato tutto!”
“Impossibile… non si è mai sentito di qualcuno che ha dimenticato la sua lingua madre…”
“Io sì…”
“Una parola sola, dai…”
“Va bene… Ecco, dai si dice yalla!”
“Bravo! Avanti così, per favore! Per favore…?”
“Avevi detto una sola…”, rimprovera Khaled scuotendo l’indice come una maestrina. “Per favore è min fadlik
“Che bel suono! Vedi che le sai? E poi? Min fadik?!”, insiste Selina, congiungendo le mani in segno di preghiera.
“Noo… Se lo dici a un uomo è min fadlak! E va bene, ma ti posso solo dire quelle che sanno tutti: inshallah, shukran, salam aleikum, jamila…”
“L’ultima ad esempio non la so… gia-giamila… com’è…?”
Jamila… vuol dire bella… come te…”
“Suona bene… Un’altra di quelle che non so, yalla!”
“Impari alla svelta, habibi!”
Abibi, cosa vuol dire…”
“Mio amore…”
Braavo…”, dice Selina accarezzando Khaled con la voce. “…rimani su questo argomento, abibi!”
Braava, però se sei tu a dirlo a me forse devi dire habiba… ma non sono sicurissimo… mi sembra.”
“E poi e poi…”
“…e poi hat boza…”, sussurra Khaled avvicinandosi più possibile alle labbra di Selina, sporgendosi dall’altalena fino quasi a cadere.
“Cosa vuol dire…?”, chiede Selina anche se già se lo immagina.
“… dammi un bacio!”
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