Chennai, 19.01.2015 – pomeriggio

scriba bancaUsciti dall’ufficio del funzionario e dal Guindy Park, piuttosto incavolati, raggiungiamo la Teosophical Society. Impieghiamo mezz’ora, ma non è il calvario che temevamo. La strada, molto trafficata, ha il marciapiede e persino dei tratti all’ombra e ci regala due incontri: un gruppo di uomini travestiti da donne che suonano tamburelli e chiedono offerte ed alcuni impiegati seduti in terra di fronte ad una banca che compilano i moduli per i clienti analfabeti.
Alla Teosophical Society arriviamo con un quarto d’ora prima dell’apertura. Il guardiano ci indica una panchina sulla quale attendere. Lo assecondiamo volentieri. Quando però ci permette l’accesso, scopriamo che l’edificio è vuoto, non c’è nessun indizio di attività da parte dei membri della società e l’attrattiva principale della struttura è il parco attorno all’edificio ed in particolare un enorme, magnifico, albero di banyan. Il guardiano, in pratica, serve a tutelare la privacy dei fortunati che vivono all’interno del parco stesso ed a regolare l’ingresso dei turisti soltanto negli orari prestabiliti. Peccato: nessuna discussione sul perché delle religioni. Comunque il posto è stupendo e, non essendoci alcun idolo a cui chiedere salute, ricchezza o fortuna, del tutto deserto. Meglio per noi che agli idoli non abbiamo nulla da chiedere e amiamo i posti deserti!
I banyan tree sono piante spettacolari che, come i ficus macrophilla presenti anche nei giardini di Palermo, fanno scendere dai rami delle radici che permettono alla pianta di crescere a dismisura. Qui, un’unica pianta occupa talmente tanto spazio ed ha radici così alte e grosse da apparire come un intero boschetto e si capisce si tratta di un singolo esemplare solo perché è chiaramente indicato da un cartello. banian tree
Usciamo dal parco da un punto diverso rispetto a quello in cui siamo entrati e ci ritroviamo nel quartiere Anna Nagar: non sembra neppure di essere in India. Edifici recenti, strade ordinate, traffico normale.
In tuk-tuk ce ne torniamo al Guindy Park. Telefoniamo al ranger, ma quello non risponde. Parliamo di nuovo con il bigliettaio che fortunatamente ci riconosce e dopo un paio di andirivieni finalmente accediamo alla riserva naturale. Se quello di prima era un parco, questa è una vera foresta. Sembra incredibile che se ne stia al centro della quarta città dell’India. Due guide (una sa la strada, l’altra ha l’autorità, nessuna sa l’inglese) ci accompagnano lungo un percorso che ci permette di vedere cervi e antilopi, un paio di sciacalli, parecchi uccelli ed una tartaruga. Tutti animali che vivono allo stato selvaggio, nel loro ambiente naturale. Seguiamo persino le orme di un pangolino, ma senza fortuna. All’uscita, compiliamo il solito libro dei commenti e siamo talmente entusiasti che ci regalano un libricino sulla fauna del posto. E pensare che questa riserva ha avuto soltanto altri due visitatori, dall’inizio dell’anno!cervo chennai
Il nostro prossimo autista ci viene incontro già all’uscita del parco. Impugna lo smartphone e ci spiega che gli serve per verificare il tragitto, ma, come lui stesso ci fa notare, in quel punto manca il segnale. Saliti sull’apecar, vediamo che comincia a trafficare con i fili della corrente. Sembra che debba accendere il mezzo facendo contatto, come quando non si ha la chiave. Gli chiediamo se il mezzo è suo o se lo sta rubando, ma non capisce o comunque ci ignora e continua a trafficare. Poi finalmente si spiega: deve collegare la dinamo al carica batterie del cellulare. Questo sì che andrà lontano. Peccato che così facendo il motorino di avviamento non ha corrente sufficiente. Mi aspetto di dover scendere a spingere, ma il giovane autista si ingegna e riesce a tirare la leva di accensione e girare la manopola dell’acceleratore contemporaneamente, dando la carica necessaria al motore per accendersi. Siamo di nuovo in viaggio!
Rientrando in albergo, scopriamo che è in atto la fiera del libro di Chennai. Peccato, ad avere un giorno in più l’avremmo visitata volentieri.

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